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Cenni Storici

La frequentazione umana del territorio è attestata a partire dal Neolitico, mentre tracce di insediamenti risalirebbero all'età del rame e del bronzo. La fondazione dell'odierna città di Paternò viene fatta risalire all'epoca anteriore a quella greca, su un sito di origine vulcanica, che in origine dovette trattarsi di un villaggio dei Sicani, cacciati dai Siculi, che vi si insediarono intorno al IV millennio a.C., sfruttando il tipo di superficie per cavare dalle rocce i blocchi di lava ed estrarre gli utensili da lavoro e le macine, e vi costruirono edifici sulla parte sommitale del colle vulcanico. Dopo la caduta in mano greca attorno al 460 a. C., fu assaltata dai Siracusani e successivamente liberata nel 339 a.C. dai Corinzi. Tracce dell'epoca greca a Paternò sono testimoniate da dei manufatti rinvenuti sulla rupe basaltica nel 1909, detti gli "argenti di Paternò", che oggi si trovano al Pergamonmuseum di Berlino. Cadde in mano ai Romani intorno al 243 a.C., e fu l'inizio di una dominazione caratterizzata dallo sfruttamento delle sue risorse, dalla schiavizzazione degli abitanti e dalla fiscalità oppressiva: infatti, fu inserita nell'elenco delle città decumane della Sicilia. All'epoca romana risalgono resti di strutture quali l'acquedotto e il Ponte di Pietralunga. Con la caduta dell'Impero romano d'Occidente, si persero le tracce della città e scomparve attorno al II secolo a.C.. Tra il IV e il V secolo d.C., la Sicilia passò sotto il dominio bizantino, e, secondo alcuni studiosi, fu in quel periodo che nacque il nuovo toponimo di Paternò, anche se, in effetti, quello bizantino fu un periodo di declino politico ed economico che causò lo spopolamento del territorio, anche a causa delle continue scorrerie e attacchi di popolazioni barbariche e di saraceni. Occupata dagli Arabi verso il 901 e grazie alla fertilità dei luoghi si assistette ad una costante ripresa delle attività agricole e pastorizie in tutto il territorio. Paternò fu uno dei primi centri dell'isola liberati dalla dominazione araba ad opera dei Normanni, che vi giunsero nel 1061, ed il sito venne denominato Paternionis: iniziò un periodo di grande splendore civico ed economico. Il principale artefice dell'impresa, fu il condottiero normanno Ruggero d'Altavilla, che dopo aver liberato Messina e gli altri borghi del Val Demone dal dominio musulmano, giunse con le sue truppe a Paternò. Poiché la città fu uno dei centri meno islamizzati dal punto di vista etnico, e che la maggioranza della popolazione era di etnia greca, Ruggero vi fece costruire un castello nel 1072 come fortezza per attaccare Catania e le altre zone a maggioranza arabe. La città divenne Contea, che l'Altavilla diede in dote al genero Ugo di Jersey, ed il suo vastissimo territorio includeva diversi monasteri, specialmente benedettini: veri e propri feudi che amministravano le ricche risorse agricole del contado. Infatti, per la feracità dei suoi terreni e la ricchezza di fonti idriche, che rendono il suo territorio adatto alle colture, nel medioevo, Paternò ricevette l'appellativo di Civitas Fertilissima, ovvero "città molto fertile". Passata al Regio Demanio nel 1396, il periodo di magnificenza di Paternò durò fino al XV secolo: nel 1431 il re Alfonso I d'Aragona vendette la città; con i Moncada la città venne infeudata e, seppur inizialmente furono buoni amministratori, ne causarono un lento ma inarrestabile declino. Poco più di un secolo dopo, da semplice feudo, Paternò divenne principato nel 1565 su investitura di Filippo II di Spagna, che diede quindi maggior prestigio e importanza alla città e agli stessi Moncada, favorì l'afflusso di numerose famiglie nobili e borghesi provenienti dalle altre zone della Sicilia e dalla Spagna. Di questo periodo è di notevole interesse storico un'antica mappa prospettica di Paternò: un disegno ad inchiostro del Seicento scoperto recentemente, che inquadra la Collina e la città sottostante, coi suoi monumenti principali e con scene di vita quotidiana e di giustizia. In quel periodo Paternò, mutò quindi a livello urbanistico, e dopo il terremoto del 1693, la collina perse sempre più il suo ruolo di cuore della città in favore della parte bassa, in forte espansione demografica ed economica. Numerosi furono gli edifici religiosi eretti in città ad opera delle molte confraternite che vi operarono, in particolare nella "parte bassa". Il dominio dei Moncada sul comune etneo si concluse nel 1812, anno di promulgazione della Costituzione siciliana, che assieme ad un'uguaglianza in campo giuridico, all'abolizione della tortura e del maggiorascato, prevedeva la cessazione dei diritti feudali. Nel corso della prima metà del XIX secolo, la popolazione paternese partecipò attivamente ai moti del 1820,1837 e del 1848, scoppiati nella Sicilia borbonica. Il 17 maggio 1860 nella città etnea scoppiò un'altra insurrezione antiborbonica, che vide l'innalzarsi del Tricolore. A Paternò i volontari di Giuseppe Garibaldi sconfissero un reparto dell'esercito borbonico guidato dal colonnello Mella, e questa impresa consentì successivamente ai garibaldini di conquistare Catania. Lo stesso Generale nel 1864 recò visita alla città, che lo accolse festante. Uno dei problemi principali della città tra fine Ottocento e inizio Novecento, fu quello di avere una vasta porzione di territorio infestata dalla malaria, per la vicina presenza del fiume Simeto; il problema venne gradualmente risolto con le prime bonifiche delle zone paludose nella Piana di Catania, avviate il secolo precedente ed attuate nel corso dei decenni successivi. La superficie agraria e forestale del paese poté quindi espandersi, e si arricchì così di agrumeti, fattore quest'ultimo che attrasse le migrazioni di braccianti agricoli provenienti dai comuni confinanti della stessa provincia e dai comuni rurali delle province di Enna e di Messina. Il XX secolo a Paternò fu caratterizzato da momenti di alti e bassi dal punto di vista economico. Durante il Fascismo- tranne che nel periodo della Grande crisi - conobbe però un incremento della sua produzione agrumicola, in particolare a seguito delle politiche economiche autarchiche attuate dal regime di Benito Mussolini dopo le sanzioni del 1936, che favorirono la commercializzazione delle produzioni agricole locali, proteggendole dalla concorrenza straniera. Nelle due guerre mondiali, il centro etneo pagò un grosso tributo a livello di vite umane. Se nella prima guerra mondiale furono circa 600 i giovani paternesi mandati sul fronte che persero la vita, fu soprattutto nella seconda guerra mondiale che si manifestarono gli eventi più disastrosi. Il 14 luglio 1943, un pesante bombardamento compiuto dall'aviazione anglo-statunitense distrusse l'80% dell'abitato e causò 4000 vittime e 2.320 feriti. I bombardamenti durarono fino al 3 agosto, con la ritirata dei militari tedeschi presenti nella zona, e la successiva occupazione della città da parte delle forze dell'esercito inglese. La ricostruzione post-bellica a Paternò fu inizialmente molto lenta. Tuttavia lo sviluppo urbanistico della città ha avuto una grande accelerazione negli anni sessanta-settanta del secolo scorso, periodo in cui la "geografia" urbana e stradale della città si è meglio definita secondo gli standard moderni e meglio adattata alle esigenze delle nuove classi emergenti della borghesia medio-alta, con la creazione di nuovi quartieri. Gli ultimi anni novanta hanno visto lo sviluppo delle più lontane periferie e la riqualificazione di alcune parti della zona centrale dell'abitato, determinando uno spopolamento del centro storico.
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